Il metodo GPR si basa sulla trasmissione di impulsi elettromagnetici (radar) ad alta frequenza nel terreno e sulla misura del tempo trascorso tra la trasmissione e la ricezione in superficie degli impulsi stessi (riflessione da una discontinuità sepolta). Il Georadar emette impulsi elettromagnetici attraverso un’antenna trasmettitrice che si propagano, sotto forma di onde, nei mezzi investigati e procedono sempre più in profondità mentre parte dell’energia viene riflessa dalle discontinuità o disomogeneità incontrate e ripercorre il tragitto inverso fino ad essere captata dal ricevitore, anch’esso alloggiato nell’antenna, che è collegata al corpo centrale dello strumento attraverso un cavo schermato. Il georadar viene gestito da un PC che comanda tutte le varie fasi dall’emissione delle onde alla registrazione direttamente su HD dei file acquisiti. In generale, le riflessioni possono essere generate da variazioni delle proprietà elettriche del terreno, da variazioni di contenuto d’acqua, cambiamenti litologici, dall’interfaccia tra terreno circostante e oggetti di natura antropica (ad esempio tubazioni, serbatoi, reperti archeologici), oppure dalla presenza di cavità nel terreno.
Lo spettro di frequenza emesso dallo strumento è molto ampio ma esistono antenne di frequenza centrale da 80Mhz fino a 2,5 Ghz che operano un’azione di filtro lasciando passare solamente determinate bande di segnale. Ogni antenna è caratterizzata da una frequenza centrale (o frequenza di centro di banda), ed irradia energia in un range di circa 2 ottave intorno ad essa. A seconda del tipo di trasduttore impiegato e dalla lunghezza dell’impulso inviato (nanosecondi) nonché dell’ampiezza del tempo di ascolto definito dall’operatore, verranno raggiunte profondità di investigazione più o meno consistenti. L’analisi dipenderà, quindi, dal tipo di terreno investigato (litologia), dalla frequenza dell’antenna utilizzata e dalle regolazioni strumentali imposte dall’operatore in base alla propria esperienza.
L’antenna, che deve essere collegata all’unità centrale per permettere la registrazione dei dati, può essere trascinata sul terreno oppure montata su un carrellino. Nel primo caso è necessario lavorare in modalità time-based, nel secondo caso in modalità distance. In modalità time-based la densità dei dati raccolti è in funzione della frequenza degli impulsi emessi, e dalla velocità con cui si muove l’operatore che trascina l’antenna; in questo caso è di fondamentale importanza avanzare con velocità costante perché il software non ha la possibilità di stimare la distanza percorsa, ma stima la posizione in base al tempo trascorso. In fase di post-processamento è essenziale ritarare le sezioni in base ai marker creati in fase di acquisizione e alla lunghezza totale della linea.
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